Il risvolto tragico dei social

25 Gennaio 2021

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INTERVISTA RADIOFONICA

Il risvolto tragico dei social

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Effettuata da “Collegamenti”

dalla radio al teatro, in scena pazienti con disagi

Il progetto è nato nel 2009 grazie alla collaborazione dell’emittente radiofonica

Punto Radio

I principali obiettivi del progetto “Collegamenti” (messo in atto dal servizio di Salute Mentale della ASL 5 di Pisa, in collaborazione con l’emittente radiofonica Punto Radio, l’istituto scolastico Pesenti e il patrocinio della Provincia di Pisa) sono:

garantire il diritto alla parola ai pazienti con disagio psichico, contrastare la solitudine esistenziale e sociale del paziente e della sua famiglia, stimolare la capacità relazionale sia nel gruppo di lavoro che in contesti pubblici, contrasto allo stigma nei confronti delle persone con problemi di salute mentale

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INTERVISTA a Chiara Di Vanni

Presidente della Società italiana di Psicoterapia Relazionale

SIPR

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L’uso dei social da parte dei giovani ha fatto sì che ci siano delle nuove modalità di esprimere il disagio?

Sicuramente il mondo dei social e il loro avvento, che risale a 24 anni fa, ha implicato importanti modifiche nella vita di tutti e soprattutto in quella dei giovani.

In questo particolare momento storico, in cui l’isolamento sociale sembra l’unica prevenzione efficace, diventa fattore di rischio il tempo di permanenza dei giovani sulle piattaforme.

Tutti noi passiamo più tempo online, per il lavoro, lo studio e la socializzazione.

Possiamo dire, in linea generale, che la possibilità di comunicare e stare in compagnia da remoto è stata un valido aiuto.

I bambini e gli adolescenti hanno molto bisogno di contatto, di confrontarsi con i pari, comunicare con lo stesso linguaggio, giocare (il gioco assume una funzione fondamentale per lo sviluppo del cervello, per interiorizzare il rispetto dei turni, il codice, la gestione della frustrazione in caso di perdita e della gioia/arroganza in caso di vincita).

Quest’anno tutto questo è stato negato favorendo l’accesso a modalità alternative per la soddisfazione di questo bisogno fondamentale per la crescita e per la formazione.

D’altra parte, notiamo come i social si prestino anche come canale utilizzato per esprimere il proprio disagio e che a volte può essere anche la fonte del disagio stesso.

Il problema principale in questo caso risiede nel fatto che, essendo il mondo dei social un ambiente pubblico, vasto, variegato e non suddiviso nell’accesso per fasce d’età, una eventuale richiesta di aiuto potrebbe finire nelle mani sbagliate o non trovare risposta e trasformarsi in qualcosa di grave.

Non stiamo parlando di dinamiche psicologiche nuove. Le necessità e i bisogni dello sviluppo di una persona sono le medesime, l’importanza del ruolo della famiglia è lo stesso.

L’avvento dei social si inserisce come ulteriore strumento, una variabile che amplia il mondo reale e che, se da un lato riesce a garantire la socializzazione al momento negata, è in grado di alimentare disagi, sofferenze, pericoli e rischi fuori dal controllo di chi dovrebbe tutelare e prendersi cura della crescita dei giovani.

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Quanto sta cambiando la comunicazione genitori-figli e come questo incide sui nuovi comportamenti a cui stiamo assistendo?

Io posizionerei il problema, o la causa del problema dei nuovi comportamenti a cui stiamo assistendo, nello scarto generazionale che evidenzia forti differenze nell’uso e nella conoscenza stessa dei social tra genitori e figli.

Questa differenza si trasforma poi una differenza di linguaggio, in una difficoltà nella comunicazione. 

Le conoscenze dei giovani spesso sono superiori rispetto a quelle degli adulti in questo ambito, per cui l’interazione degli adulti in questo loro mondo viene percepita come inadeguata, fondata su incomprensioni di base, poco attendibile, spesso il giovane sente il diritto forse il dovere di gestire da solo questo aspetto della sua vita che l’adulto non può capire perché effettivamente alla sua età non ha vissuto le stesse esperienze, o meglio, sì le stesse esperienze ma in un settings completamente diverso quindi governato da regole diverse.

Partendo dal postulato che un genitore deve applicare delle regole, dei controlli per evitare gli effetti negativi dell’uso dei social, probabilmente in questo momento molti non sanno neanche che questo è necessario, né saprebbero dove cercare queste informazioni o addirittura perché cercarle.

Non possiamo pensare che la soluzione del problema stia nella privazione totale dell’uso dello smartphone o nell’oscurare la rete, perché questo sarebbe motivo di esclusione e frustrazione per i giovani.

Dovremmo essere tutti in prima linea a garanzia della sicurezza dei ragazzi che crescono e fanno le loro prime esperienze in presenza dei social. 

I genitori dovrebbero essere in grado di vigilare e permettere l’accesso soltanto alle piattaforme idonea alla fascia di età del figlio, dare delle regole su quanto tempo si passa sul web e soprattutto chiarire ai bambini, nonché a loro stessi, che fino ad una certa età i bambini non hanno diritto alla privacy perché si trovano in un momento di vita per cui è indispensabile avere una guida.

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Quanto il voler apparire nei confronti degli altri crea uno specchio estremo delle nostre aspettative?

Anche in questo caso, parliamo di dinamiche psicologiche intrinseche allo sviluppo dell’adolescente. 

I problemi che un giovane deve affrontare oggi per diventare adulto, non sono diversi da quelli di ieri e i social rispondono al bisogno, tipico di questa età, di definire la propria identità e di vederla accettata e confermata dagli altri. 

Il rischio, in questo frangente, risiede nello spostare nel mondo virtuale parte di questo percorso di crescita. 

Questo è rischioso perché il pubblico non è più il pari in carne e ossa ma è indefinito e potenzialmente infinito e non siamo preparati agli effetti di questo tipo di esposizione oltre che ampia anche immediata, istantanea.

Voler apparire si trasforma in misurare la notorietà con il numero di follower che alimenta a dismisura la naturale tendenza narcisistica dell’età adolescenziale oltre ad alimentare il rischio di sviluppare una dipendenza.

Le aspettative si strutturano sulla base di dati non reali, smisurati, fuori dal nostro controllo. 

Il confronto con l’altro, il modo di apparire all’altro, la sfida che ha come obiettivo il testare e riconoscere i nostri limiti, se avviene in rete diventa una vera e propria trappola che spinge senza limiti a farsi notare e guardare da follower sconosciuti e indefiniti piuttosto che dal gruppo dei pari.

In questa dinamica le vittime sono i più giovani anche perché l’età dell’adolescenza è caratterizzata dalla istintualità che si spiega attraverso il non totale sviluppo dei lobi frontali, i quali ci consentono di avere maggiori abilità meta cognitive e di riflessione sul proprio agire e sentire. 

Il loro sistema limbico, sede dell’emotività e dei comportamenti, non è ancora completamente formato, per questo oltre ad essere impulsivi, non possono ancora avere l’esatta consapevolezza del pericolo che stanno correndo.

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